Oggi vi racconto una “scoperta” nata sull’onda dei ricordi. Il Fernet Branca (sì, proprio il famoso liquore che “digestimola”) era associato nei miei ricordi d’infanzia a Carosello.
Non hai mai sentito parlare di Carosello? (beato te che sei così giovane!)
Era la mitica trasmissione pubblicitaria della TV degli anni 50’- ’60-‘70, strutturata come un piccolo spettacolo teatrale, con tanto di sipario che si apriva sui brevi sketch al ritmo della inconfondibile musichetta.
Dopo l’ultima nota scattava irremovibile: “è ora di andare a letto!”. Nessuna protesta o patteggiamento erano ammessi. E noi bambini… subito a letto.
Per la pubblicità della Fernet Branca qualcuno magari si ricorda i fantastici spot di animazione in cui un pezzo di plastilina si animava diventando Oggetti in movimento, oppure un omino o una donnina stilizzati, le cui “vicende” erano raccontate, tra altri, in Plastilina Olimpionica e in Guerra al rumore, veramente delizioso.
Molti anni più tardi ho visto il nome dell’azienda scolpito in rilievo all’angolo di un vecchio edificio lungo viale Jenner, la circonvallazione nord di Milano. Un edificio rossastro, come le vecchie fabbriche che hanno quella tipica aria modesta. Sembrava dismesso.
Che sorpresa quando ho saputo che da qualche anno vi era stato aperto un museo! Non uno di quei musei che mi piace tornare a visitare, di tanto in tanto, ma un museo di impresa. Di quelli che raccontano la storia di un prodotto o di una azienda che ha fatto un po’ la storia del nostro paese.
Sono andata sul sito del Museo Branca e mi sono prenotata per una visita guidata.
Ho trovato spazi eleganti, begli allestimenti e un tuffo in un pezzo di storia di Milano. Questo stabilimento, infatti, è tra i pochi rimasti immutati dalla sua fondazione ad oggi.
Un periodo molto drammatico, quello che ha visto la nascita del Fernet Branca, a metà ‘800. In soli trent’anni ben tre epidemie di colera avevano flagellato l’Italia, provocando migliaia di morti nella totale impotenza dei medici. Solo nel 1854 Filippo Pacini riuscì a individuare il “vibrione” del colera, ma non venne preso in considerazione dalla comunità scientifica. Trent’anni più tardi, nel 1884 Robert Koch riuscì a isolare i batteri della malattia, dimostrandone la contagiosità e la necessità dell’igiene personale e delle case per impedire il diffondersi del morbo.
E’ in quegli anni travagliati, come ci racconta Marco Ponzano, il gentile e simpatico curatore del museo che ci accompagna, che a un farmacista di Milano, Bernardino Branca, viene l’idea di produrre un preparato a base di erbe per la cura del colera e della malaria, un’altra malattia molto diffusa all’epoca. Eravamo nel 1845.
Non c’è bisogno di dire che il suo prodotto ebbe successo! Un tale successo che nel 1850, dopo soli 5 anni, inizia la produzione su larga scala in Corso di Porta Nuova, con 300 operai. Nel 1910 si inaugura la sede attuale, con 900 operai. Ora il Fernet Branca viene prodotto anche a Tortuguitas in Argentina.
Ma non voglio qui raccontare la storia dell’azienda, che ha accompagnato la storia d’Italia e di Milano. Se ti interessa , puoi cercarla in internet o fare una visita al museo.
Passiamo davanti a ritratti di famiglia, medaglieri che raccontano i successi del Fernet Branca alle esposizioni internazionali, enormi alambicchi e calderoni di rame,
ricostruzioni di vecchi uffici dove mi viene una gran voglia di sedermi alla scrivania e di aprire i registri (autentici!) e curiosare fra le annotazioni scritte in bella calligrafia.
In un angolo, appeso a un vecchio attaccapanni, il camice azzurro di un dipendente.Lì vicino, uno strano macchinario che non riesco a capire cosa sia. Poi arriva la spiegazione: serviva per stampare i cartellini di riconoscimento dei dipendenti.
Divertente la collezione dei “falsi”, costantemente aggiornata !
Passando davanti a una finestra vedo una torre coloratissima. E’ una ciminiera, diventata “opera d’arte” della street art.
Verrà inaugurata il giorno dopo, continuando il rapporto tra industria e arte che ha caratterizzato questa azienda. Dai primi bellissimi manifesti pubblicitari ottocenteschi fino a quelli più recenti di grafici famosi, come quelli di Armando Testa per marchi incorporati dalla Branca. Chi non ricorda i manifesti del Punt e Mes della Carpano?
A proposito di arte… ho dimenticato di raccontare che tutta la sede della Fernet Branca, al momento della mia visita era “invasa” da grandi animali coloratissimi, opere della Cracking Art “reduci” da Expo,
momentaneamente ospitate nel museo, nei corridoi che portano alla produzione, nei magazzini, nelle cantine dove spuntavano dalla penombra degli angoli più bui con un effetto fiabesco.
Negli immensi sotterranei ho visto parte della lavorazione degli 8 milioni di bottiglie che ogni anno vengono prodotte in questo stabilimento. E la stanza costruita intorno alla gigantesca botte “madre” di Stravecchio Branca, alta 6 metri e della capacità di oltre 83.000 litri,
che ”nutre” altre 800 grandissime botti, tutte in pregiato rovere di Slavonia, allineate in cantine tanto grandi da doverle percorrere in bicicletta.
Reparti che profumano di caffè (si produce il liquore Caffè Borghetti)
e magazzini che odorano di spezie, dove dietro una porta dai vetri opachi un solo membro della famiglia Branca dosa personalmente e in gran segreto 5 delle 27 spezie che entrano nel Fernet.
Spezie esposte nel museo come gioielli dentro una grande ruota dai tanti scomparti, che racchiudono altrettanti tesori dai nomi esotici
e che profumano di luoghi lontani: (la biblica mirra della Somalia, l’aloe ferox del Sudafrica, la china delle Ande, l’agarico bianco della Russia) o che richiamano antichi miti come l’achillea, usata da Achille per sanare le ferite di Télefo, o liane come la radice di Colombo. E a chi non vengono in mente i voli tra gli alberi di Tarzan?
E mi sembrava una fabbrica dismessa!
Nella foto sono in compagnia di Marco Ponzano, curatore del museo.
Per una visita al Museo Branca occorre prenotarsi direttamente in internet. Vengono indicati i giorni e gli orari disponibili. E’ aperto il lunedì, mercoledì e venerdì alle 10.00 e alle 15.00, su prenotazione o invito, a gruppi di massimo 25 persone. Visite guidate in italiano e inglese (su richiesta). Il percorso dura circa 1 ora e mezza e la visita è gratuita.
Per prenotazioni: collezione@branca.it telefono 02 8513970
Per arrivare in viale Jenner, si può prendere la Metropolitana, linea 3, fermata Maciachini e poi fare un breve tratto a piedi fino a via Resegone 2, oppure l’autobus 91, che ferma proprio di fronte alla Fernet Branca.
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